Il Testamento- Il cielo.

Io sono rimasto sulla collina.

Gli altri sono scesi a valle, chi correndo, chi guardandosi alle spalle.

Ho visto negli occhi di Andrea una lacrima trattenuta a forza, una di quelle che un uomo non dovrebbe versare.

Lo sa, non c’è nulla da fare, sa benissimo che la mia scelta di restare in collina, è obbligata.

Il freddo mi ha preso le gambe, sta salendo verso il ventre.

Andate, ho sussurrato, col poco fiato rimasto, andate giù.

Io non è che non vorrei venire, è solo che non ce la faccio. No, non faccio l’eroe, ho paura, sono stanco ed ho freddo. E allora rimango qui.

Qui sotto questo ciliegio fiorito che mi riporta indietro ai baci di Lilia, alle sue mani lunghe e non dissipate dalla fatica quotidiana. Mi riporta alle corse con il cane, agli scherzi con gli amici, alle bevute, alle mangiate, alle urla ubriache, alle canzoni stonate.

Cazzo, sto morendo e sorrido, non posso fare a meno di sorridere.

Il vento si sta alzando forte, non provo nemmeno a rincantucciarmi più stretto nella giacca a vento.

Quella maledetta lastra di ghiaccio, un tempo l’avrei saltata a piè pari, ora gli anni mi hanno costretto ad appoggiarvi lo scarpone. Sono scivolato, rotolato, ho sbattuto contro l’albero. Mi ci sono incollato.

E pensare che era una semplice camminata in montagna. Gli altri sono corsi, mi hanno soccorso, ma alla vista del ramo che mi bucava lo stomaco, si sono tirati indietro, bianchi in faccia. Lo so, capita, ma mi sono persino incazzato, in quell’istante.

L’ultima volta nella mia vita che mi sono incazzato.

Poi ho guardato il cielo, il vento che scuoteva forte le cime degli alberi, la pioggia incombente. Ho visto la mia paura nei loro volti, e ho capito, mai sarebbero riusciti a portarmi a valle, mai.

Andate via, ho sussurrato, resto qui.

E ora sono fermo che guardo ancora il cielo, cerco con le dita il mio cellulare, metto la funzione video, e filmo.

Non me, il cielo.

Che questo rimanga di me, che questo resti dei miei ultimi istanti.

Il cielo dove ho mandato i miei sogni, dove mi sono accucciato a leggere poesie, ad ascoltare sinfonie, a ricostruire immagini.

Il cielo stesso diviso dalla luna bianca che sta per tramontare, che nei miei occhi annebbiati ora diventano due.

Il cellulare ferma la sua registrazione, lo metto in tasca, e ritorno a guardare la rincorsa delle nuvole.

Sto bene.

20110516_015

Ecco chi sa scrivere per davvero.
Un abbraccio, un grazie,

Words Social Forum

Ebook: La Stanza Clandestina

Con questo Ebook, il Collettivo inaugura uno dei suoi obiettivi.
E’ una raccolta di voci giovani che seguo e amo per il loro modus operandi scrittorio.
Ciascun Autore ha un legame con l’altro, nelle parole e nei gesti invisibili che trasmettono.
Le fotografie, infine, sono la ciliegina sulla torta, una gentile concessione di due Amici che seguo da un anno.
Buona Lettura!

la stanza clandestina

Contest: Le Orme di Eros

Le Edizioni Smasher comunicano la nascita di una nuova Collana Editoriale “Orme rosse” , dedicata all’Eros, lontani dal voler creare spazi di volgarità gratuiti e sterili, desideriamo dare voce – attraverso la pubblicazione di ebook e volumi cartacei – a ciò che è insito in ciascun essere umano: l’eros, nelle sue varie declinazioni

Il Collettivo culturale WSF – Centro Sociale dell’Arte , di cui è capo redattore Antonella Taravella, è felice di inaugurarla con un’antologica composta da contributi…

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Un’insolita vendetta- Fuori dalla villa.

Lo aspettava da circa un’ora, ormai con un po’ di ansia addosso.

Tutta la decisione e la determinazione che aveva sentito nell’attimo stesso in cui si era disposto all’angolo della strada in cui sapeva che sarebbe passato alle dieci circa, sembrava sciogliersi nell’incertezza di aver sbagliato qualcosa, di aver calcolato male tempi e modi.

Erano giorni e giorni che progettava il tutto, l’aveva pedinato, fotografato, ascoltato parlare, insomma aveva seguito alla lettera tutto quello che aveva imparato da libri gialli e film d’azione. E si era ritenuto pronto. Tranne che ora il mondo pareva cascargli addosso. In fondo lui non era un professionista, non aveva la scorza dura e feroce che sarebbe stata necessaria allo scopo.

Quando aveva progettato il tutto, era mosso da un senso di giustizia, ora pareva fosse solo vendetta.

Si era stancato di essere preso in giro, di essere coglionato davanti a tutto il mondo, di offrire dialogo e di sentirsi rifiutato, di cercare di parlare e avere in cambio solo insulti. E allora aveva detto basta, si era ripetuto che quello che stava per fare era solo una conseguenza inevitabile, per sé e per gli altri.

Aveva procurato il necessario tramite un amico fidato, di quelli di vecchia data, del tipo che non ti lasciano mai soli nel momento del bisogno.

Gli aveva spiegato per filo e per segno le sue intenzioni, ne aveva studiato l’espressione perplessa, all’inizio, divertita e rabbiosa alla fine, aveva incassato il suo consenso e la sua solidarietà. E il suo aiuto.

I suoi pensieri vennero interrotti dall’apertura del cancello.

Il parco della villa offriva agli occhi esterni tutta la sua bellezza, fino a pochi secondi prima celata dal portone verde. Sullo sfondo del giardino si poteva ammirare la costruzione risalente al 1700, un paio di cani abbaiavano al passaggio dell’auto del proprietario, pronti a fermarsi all’ingresso, monito a chi volesse infilarsi di soppiatto.

 

PierLuigi si mosse d’istinto, senza più pensare a nulla. Si mise davanti all’auto che frenò di colpo.

Nei vetri affumicati si poteva scorgere lo sguardo sorpreso e attonito di Beppe, che, per una volta, era senza parole.

Si guardarono fissi negli occhi, per un attimo lunghissimo, entrambi con le labbra serrate.

Poi il finestrino si abbassò, la testa piena di capelli grigi si sporse fuori, le labbra si stavano per aprire nell’ennesimo sberleffo. Ma si gelarono alla vista di quello che stava per accadere.

Gianroberto era legato al cofano di una vecchia Punto, nudo come mamma l’aveva fatto, rapato a zero.

Pierluigi stava per schiacciare un pulsante di un telecomando che sembrava collegato a un pacco di grosse dimensioni, tutto faceva presagire lo scoppio di una bomba.

Il terrore calò negli occhi dei presenti, le guardie del corpo si erano immobilizzate, il ghigno di Pierluigi era agghiacciante.

Poi, successe.

Dalla scatola venne fuori una tv. Il telecomando azionato diede vita a un canale in cui un giovane comico faceva uno spettacolo in cui prendeva per il culo i socialisti.

Per alcuni secondi le immagini presero a scorrere, tra le risate e registrate e i respiri fermi.

Poi Pierluigi liberò Gianroberto. Si volse, e se ne andò. Nessuno lo fermò, mentre tra se e se pensava, sorridendo.

– Te lo do io il governo. –