Una cena quasi perfetta- Il Patriarca

La villa era addobbata come nelle migliori occasioni.

Non mancava lo champagne, né il caviale, per gli ospiti, che lui tanto amava il risotto che gli faceva mamma, e ora imparato a memoria nei suoi più piccoli segreti dal cuoco di casa.

La musica che si spandeva nell’aria era quella di Trenet, la sua amata, ricordo di serate giovanili, di notti al piano bar, o sulla plancia della nave.

O, più recentemente adottata per darsi un’aura romantica.

Le tre bellezze di turno affondavano il naso nei vassoi ricolmi di cocaina, indecise se stordirsi al punto di dimenticare in anticipo il corpo flaccido che le avrebbe violate da lì a poco, o tenersi lucide per una nuova richiesta, un ennesimo regalo.

Loro conoscevano il punto debole di quell’uomo, l’assoluta vanità, e ne facevano la loro arma.

Ma prima bisognava mettersi a tavola, dare una parvenza di stile, seppur sguaiato, a quelle che venivano definite “ cene eleganti “.

Lui, al tavolo tondo, teneva le loro mani, fiatava nei loro visi, mostrava la crudele maschera degli anni in corso, ricoperta dal cerone del potere.

Lo schermo gigante era acceso sul canale di famiglia, dove la squadra di famiglia veniva commentata dal Giornalista di famiglia, mentre la Famiglia aveva un posto speciale in tribuna Vip.

Il Bibliofilo di Famiglia, dietro gli occhiali da vista, aveva uno sguardo spietato, e osservava tutto con estrema attenzione, e con religioso silenzio. Il giorno prima il Partito di famiglia aveva subito una netta sconfitta alle elezioni politiche, e sapevano che questa volta le leggi a famiglia non avrebbero avuto scampo.

Nelle Isole di famiglia si stavano preparando ad accogliere il patriarca, questa volta per un soggiorno senza ritorno. Ma questa era l’ultima festa, andava onorata.

Le tre bellezze, il Patriarca, il Bibliofilo, il Giornalista, il Presentatore grasso, la presentatrice della domenica, il Cantante della Famiglia, la Figlia del Patriarca, l’Avvocato del Patriarca, il Prete del Patriarca, e infine Quello Che Nessuno Sapeva Chi Fosse.

Si alzino i calici, si metta mano alla chitarra, l’ultimo spettacolo abbia inizio, tra sorrisi finti e lacrime di coccodrillo, l’ultimo sberleffo alla Giudice Rossa sta per partire, il legittimo impedimento diverrà eterna vacanza, e lei si morderà le unghie, a vita.

Le mani s’incollano sui seni in bella vista, le battute partono sguaiate, il sorriso va al pensiero dell’aereo che rulla già sulla pista.

Cresce la musica, s’ingoia il caviale, ci s’innaffia di bollicine, si urla e si canta, si tira e si scopa, sempre più freneticamente. Quello che Nessuno Sapeva Chi Fosse si alza dalla sedia su cui era rimasto immobile, in silenzio, tutta la sera. Il frastuono del suo sibilo azzittisce tutti. I soldi, li dovevi ridare i soldi.

Esce.

Entrano. Sparano. A lungo.

L’ultimo a cadere è il Patriarca. Sembra stia cantando “ Le Mer “, mentre muore.